Saranno forse i ricercatori italiani a svelare l'enigma di Tunguska che resiste dal mattino del 30 giugno 1908, quando alle 7,14 un misterioso oggetto di forma oblunga, più luminoso del sole, attraversò il cielo e precipitò nei pressi del fiume Podkammennaya Tunguska, in una regione abbandonata da Dio e dagli uomini della Siberia centrale, dove la taiga si fa palude e il suolo resta ghiacciato per almeno otto mesi l'anno.
In questi giorni a Vanavara, sperduto paese della regione siberiana di Krasnojarsk, festeggiano il centenario del Grande Impatto, nella nuova piazza hanno installato un monumento che riproduce un meteorite, e per le strade si vedono in giro facce nuove, gente abbigliata come Indiana Jones, persone che hanno per idolo il mitico Leonid Kulik, il primo esploratore che nel 1927 osò avventurarsi nella Grande Terra Morta, oltre il fiume Podkammennaya Tunguska, un affluente dello Jenissej: sono i turisti dell'impossibile, i cacciatori di Ufo, gli indagatori dei segreti più tenebrosi. Perché a Tunguska successe qualcosa che ancora dopo un secolo nessuno è riuscito a scoprire. Fu l'impatto più violento e devastante della nostra era: si levò un'immensa colonna di fuoco che raggiunse i quindici chilometri d'altezza. Il boato fu udito a centinaia di chilometri di distanza.
I treni della Transiberiana, 500 chilometri più a sud, rischiarono di deragliare. Un'onda incandescente carbonizzò ottanta milioni di betulle ed abeti, un'area di oltre 2mila chilometri quadrati si trasformò in un deserto di cenere e di fango radioattivo, fu come se fosse scoppiata mille volte la bomba di Hiroshima, si valuta oggi che la potenza dell'esplosione fosse di 15 megaton. Gli osservatori geofisici registrarono violente tempeste magnetiche, sino in Europa Settentrionale.
Cominciò a cadere sulla Siberia pioggia nera, e gli sciamani predissero disgrazie e morte per la Russia. I quotidiani Krasnoyarets e Sibir riportarono drammatiche testimonianze. La più celebre è quella del contadino Semen Semenov di Vanavara, un paese che distava dal luogo dell'impatto circa settanta chilometri: "Ero seduto in casa per far colazione nella fattoria, esposta a nord. D'improvviso vidi che proprio a nord, sopra la strada per Tunguska di Onkoul, il cielo si era diviso in due e il fuoco appariva in alto e si estendeva sopra tutta la foresta. La spaccatura in cielo si allargò e tutta la parte nord si coprì di fuoco. Per un attimo persi i sensi. Mia moglie uscì fuori e mi accompagnò in casa. Dopo di ciò, arrivò un tal fragore, come di rocce che cadevano o di cannoni che sparavano, e la terra tremò".
I vetri delle finestre andarono in frantumi. L'ondata di calore danneggiò le coltivazioni. I contadini maledirono quel giorno. Oggi, invece, frastornati dall'insolito traffico, dai visitatori e dalle autorità che si presentano a Vanavara col seguito di cameramen, giornalisti e scienziati, benedicono il "corpo celeste" che piovve dal cielo, "brindiamo alla salute del meteorite!" si sente dire in questi giorni di festa e ricorrenze, e in cuor loro gli abitanti del paese sperano che il mistero non venga mai svelato: "Molti dicono che noi paghiamo gli scienziati affinché non risolvano l'enigma", scherza Jaroslav Malashyj, capo dell'amministrazione provinciale di Evenkia.
E in effetti, attorno al mistero di Tunguska ci sono più dispute che certezze. Chi aveva ucciso la taiga? Chi aveva sterminato migliaia di renne, distrutto foreste per una regione vasta quanto le Marche? Un asteroide di pietra? Una cometa di ghiaccio? Oppure, come ipotizzano i "cacciatori" d'Ufo, un'astronave aliena esplosa mentre sorvolava la Terra? Lo scienziato Kulik suppose che la causa fosse un meteorite di ferro e nichel. Per dodici anni setacciò la zona. Ma non trovò un solo grammo di quel meteorite.
Durante una conferenza presso l'Accademia delle Scienze russa, il team capeggiato da Giuseppe Longo, professore di fisica all'università di Bologna ha annunciato di avere scoperto le tracce di un probabile cratere d'impatto: il lago di Ceko, a 8 chilometri dall'epicentro dell'esplosione. La speranza di Longo e dei suoi collaboratori è di recuperare un frammento dell'oggetto cosmico. Longo e il suo gruppo si occupano di Tunguska dal 1991: poco per volta, ipotizzarono che la deflagrazione nell'atmosfera di un asteroide o di una cometa avesse determinato la formazione del lago Ceko, vicino al fiume Kimciu. La sua forma a imbuto, leggermente ellittica, è molto diversa da quella tipicamente piatta degli altri laghi siberiani. A volte, basta una semplice intuizione a risolvere il più intricato dei misteri.
In questi giorni a Vanavara, sperduto paese della regione siberiana di Krasnojarsk, festeggiano il centenario del Grande Impatto, nella nuova piazza hanno installato un monumento che riproduce un meteorite, e per le strade si vedono in giro facce nuove, gente abbigliata come Indiana Jones, persone che hanno per idolo il mitico Leonid Kulik, il primo esploratore che nel 1927 osò avventurarsi nella Grande Terra Morta, oltre il fiume Podkammennaya Tunguska, un affluente dello Jenissej: sono i turisti dell'impossibile, i cacciatori di Ufo, gli indagatori dei segreti più tenebrosi. Perché a Tunguska successe qualcosa che ancora dopo un secolo nessuno è riuscito a scoprire. Fu l'impatto più violento e devastante della nostra era: si levò un'immensa colonna di fuoco che raggiunse i quindici chilometri d'altezza. Il boato fu udito a centinaia di chilometri di distanza.
I treni della Transiberiana, 500 chilometri più a sud, rischiarono di deragliare. Un'onda incandescente carbonizzò ottanta milioni di betulle ed abeti, un'area di oltre 2mila chilometri quadrati si trasformò in un deserto di cenere e di fango radioattivo, fu come se fosse scoppiata mille volte la bomba di Hiroshima, si valuta oggi che la potenza dell'esplosione fosse di 15 megaton. Gli osservatori geofisici registrarono violente tempeste magnetiche, sino in Europa Settentrionale.
Cominciò a cadere sulla Siberia pioggia nera, e gli sciamani predissero disgrazie e morte per la Russia. I quotidiani Krasnoyarets e Sibir riportarono drammatiche testimonianze. La più celebre è quella del contadino Semen Semenov di Vanavara, un paese che distava dal luogo dell'impatto circa settanta chilometri: "Ero seduto in casa per far colazione nella fattoria, esposta a nord. D'improvviso vidi che proprio a nord, sopra la strada per Tunguska di Onkoul, il cielo si era diviso in due e il fuoco appariva in alto e si estendeva sopra tutta la foresta. La spaccatura in cielo si allargò e tutta la parte nord si coprì di fuoco. Per un attimo persi i sensi. Mia moglie uscì fuori e mi accompagnò in casa. Dopo di ciò, arrivò un tal fragore, come di rocce che cadevano o di cannoni che sparavano, e la terra tremò".
I vetri delle finestre andarono in frantumi. L'ondata di calore danneggiò le coltivazioni. I contadini maledirono quel giorno. Oggi, invece, frastornati dall'insolito traffico, dai visitatori e dalle autorità che si presentano a Vanavara col seguito di cameramen, giornalisti e scienziati, benedicono il "corpo celeste" che piovve dal cielo, "brindiamo alla salute del meteorite!" si sente dire in questi giorni di festa e ricorrenze, e in cuor loro gli abitanti del paese sperano che il mistero non venga mai svelato: "Molti dicono che noi paghiamo gli scienziati affinché non risolvano l'enigma", scherza Jaroslav Malashyj, capo dell'amministrazione provinciale di Evenkia.
E in effetti, attorno al mistero di Tunguska ci sono più dispute che certezze. Chi aveva ucciso la taiga? Chi aveva sterminato migliaia di renne, distrutto foreste per una regione vasta quanto le Marche? Un asteroide di pietra? Una cometa di ghiaccio? Oppure, come ipotizzano i "cacciatori" d'Ufo, un'astronave aliena esplosa mentre sorvolava la Terra? Lo scienziato Kulik suppose che la causa fosse un meteorite di ferro e nichel. Per dodici anni setacciò la zona. Ma non trovò un solo grammo di quel meteorite.
Durante una conferenza presso l'Accademia delle Scienze russa, il team capeggiato da Giuseppe Longo, professore di fisica all'università di Bologna ha annunciato di avere scoperto le tracce di un probabile cratere d'impatto: il lago di Ceko, a 8 chilometri dall'epicentro dell'esplosione. La speranza di Longo e dei suoi collaboratori è di recuperare un frammento dell'oggetto cosmico. Longo e il suo gruppo si occupano di Tunguska dal 1991: poco per volta, ipotizzarono che la deflagrazione nell'atmosfera di un asteroide o di una cometa avesse determinato la formazione del lago Ceko, vicino al fiume Kimciu. La sua forma a imbuto, leggermente ellittica, è molto diversa da quella tipicamente piatta degli altri laghi siberiani. A volte, basta una semplice intuizione a risolvere il più intricato dei misteri.
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